Storia della bici da corsa

La bicicletta non è quel banale velocipede che inevitabilmente ci si para davanti in strada quando abbiamo più fretta del solito. La bici è un veicolo che ha una sua storia, molto affascinante peraltro, e merita quindi qualcosa di più che un semplice giudizio affrettato.

In principio fu la draisina al biciclo…

Karl Von Drais inventò nel 1818 una sorta di prototipo di bicicletta; la draisina. Ad essere proprio precisi perfezionò un precedente modello di velocipede, il cosiddetto celerifero, a cui per nostra fortuna pensò di aggiungere un manubrio e, soprattutto, un bel sellino. Tuttavia siamo ancora lontani dall’innovazione registrata con le bici da corsa anni ’80. Basti pensare che la draisina, solitamente costruita in legno, mancava di pedali e di freni.

Per avere qualche miglioria bisognerà attendere sino al 1861 quando Ernest Michaux pensò di aggiungere i pedali (dei freni ancora nemmeno l’ombra). Fu poi la volta di Eugene Meyer che regalò all’umanità il suo biciclo: avete presente la bici con una ruota enorme davanti ed una piccolissima dietro? Ecco, esattamente quella. Seppure non si potesse definire un velocipede affidabile, era già qualcosa in più rispetto ai modelli precedenti: il telaio era in metallo, le ruote a raggi e faceva la sua prima apparizione la trasmissione a catena. Solo dopo un po’ si pensò anche a regolare la velocità della bicicletta.

La safety bicycle, un passo in là verso le bici da corsa anni ’80

Già il nome la dice lunga; la bicicletta di sicurezza brevettata da John Starley nel 1885 rappresentava una soluzione agli incidenti che dovevano verificarsi a bordo di draisine et similia. Il suo inventore pensò bene che fosse il caso di dotare la bici di ruote aventi lo stesso diametro. Aggiunse poi il cosiddetto sistema di pedalata a ruota libera, apportò delle modifiche alla catena di trasmissione, si avvalse di cuscinetti a sfera e, udite, udite, per la prima volta corredò la bici di pneumatici e soprattutto di freni.

Verso la modernità

Diventate qualcosa di più di un trabiccolo buono solo a spezzarsi il collo, le bici fungono da strumenti di competizione: nascono le gare ciclistiche (1890). I velocipedi dell’epoca erano dotati di telaio a diamante realizzato in acciaio (quindi molto pesante) ed erano equipaggiate soltanto con rapporto unico, sellino e un non eccessivamente efficaci freni anteriori a tampone.

Soltanto negli anni ’20 giunge un’altra innovazione; il freno Bowden. Bisogna aspettare un decennio per il primo cambio a bacchetta (1933), evolutosi pochi anni dopo nel simplex (1947).

Le bici da corsa anni’80 sono ormai dietro l’angolo: la tecnologia da questo momento in poi fa passi da gigante grazie ai più efficienti modelli del gruppo Campagnolo. L’iniziale successo verrà presto contrastato da una emergente casa giapponese: è il 1973 e si diffonde il cambio Dura Ace Shimano. Con la versione riveduta e corretta di questo dispositivo, le bici da corsa possono raggiungere 6 velocità. Inoltre i nuovi velocipedi si avvalgono anche di pedali a gancio e sgancio rapidi.

Innovazione nelle bici da corsa degli anni ’80

A metà degli anni ’80 viene introdotta la ruota lenticolare, una speciale ruota per bici da corsa che non contempla più la presenza dei raggi che collegano mozzo e cerchio. Il profilo di questa struttura solida e circolare non è piatto ma ha la forma di una lente che ne migliora le prestazioni aerodinamiche. Il primo ad utilizzare questo tipo di ruote in una gara è Francesco Moser che realizza il Record dell’ora del 1984. L’Unione Ciclistica Internazionale oggi consente l’utilizzo di questa ruota solo nelle gare a cronometro e nel ciclismo su pista.

Ultimi anni

L’innovazione vera e propria si raggiunge soprattutto negli ultimi decenni quando alluminio, carbonio e titanio rimpiazzano definitivamente l’acciaio consentendo ai progettisti di creare bici da corsa dalle forme aerodinamiche.

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